La Nuova di Venezia - martedì 1 maggio 2018 (pagina 34)
Sergio Frigo - Dietro quell'anagramma c'è Salgari
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Dietro quell'anagramma c'è Salgari
Dalla ricerca del racconto perduto spunta uno pseudonimo
finora ignoto dello scrittore
finora ignoto dello scrittore
di Sergio Frigo
È un classico della serendipità, cercare una cosa e trovarne un'altra,
molto più importante. Accade anche nella storia che raccontiamo, in cui
la ricerca iniziale era mirata a ritrovare il "racconto fantasma" di
Emilio Salgari "Lo stagno dei caimani", scritto nel 1901, censito in
tutte le bibliografie dello scrittore veronese, ma sempre dato per
irreperibile. Quello che invece si è inaspettatamente scoperto lo
sveleremo più avanti, per non distrarre dalla ricostruzione della
ricerca in sé che al di là del suo esito ha molto di avvincente,
nonostante si sia svolta fra archivi e biblioteche piuttosto che nei
luoghi esotici amati dal padre di Sandokan e del Corsaro Nero.
Il
ritrovamento si deve a Maurizio Sartor, un appassionato trevigiano che
si è fatto un nome fra gli studiosi salgariani, il quale ne ricostruisce
l'iter nel volume "Lo stagno dei caimani", appena edito da Bompiani (12
euro), curato assieme a uno dei maggiori esperti dell'opera dello
scrittore, il veronese Claudio Gallo. Nel libro trovano posto, oltre a
quello citato, altri otto racconti di Salgari firmati con alcuni dei
suoi pseudonimi per la rivista "Psiche" pubblicata a inizio del secolo
scorso dall'editore Biondo di Palermo.
Che lo scrittore veronese usasse
molti pseudonimi è risaputo, fin da quando faceva il giornalista a
Verona e firmava i suoi articoli - oltre che (raramente) col suo nome -
Emilius o Emilio (le cronache e le recensioni teatrali) o Ammiragliador
(gli articoli di politica estera). Claudio Gallo e Giuseppe Bonomi ne
ricordano altri, nella postfazione alla raccolta: Bertolini, Landucci,
Romero... Il più usato era però Guido Altieri, di cui gli autori
pubblicano in appendice la bibliografia, costituita da quasi 90 titoli,
decisamente corposa anche per uno scrittore reale. E proprio ad Altieri
era attribuita, nei repertori salgariani, la paternità di "Lo stagno dei
caimani".
Sartor dunque, nel 2012, si mette sulle tracce del racconto
fantasma, cercando prima di tutto di recuperare le raccolte della
rivista, nelle biblioteche di Firenze, Roma, Milano, Venezia, Torino,
Napoli, in tutta la Sicilia, comprese collezioni e fondazioni private:
non trova il racconto, ma la notizia della sua ricerca gira fra i
salgariani e finalmente nel 2014 Sartor viene contattato da un
collezionista, che possiede una copia del racconto e gliene manda il
file via mail. Ed ecco la prima rivelazione, che spiega il mistero della
sua lunga sparizione: il libro non è altro che una variante del
racconto a puntate "Il Mocassino Sanguinoso", pubblicato dalla rivista
"Psiche" nel 1904. La vicenda è ambientata nel selvaggio West, fra tribù
di pellerossa acerrimi nemici, e ricorda in qualche modo quella di
Giulietta e Romeo, ma soprattutto del salgariano "Il Corsaro Nero": lei -
Wallalka - è la bellissima figlia del capo dei Creek, che ha ucciso e
scotennato il capo degli Shoshoni, ma si innamora di un giovane
guerriero sconosciuto, che a sua volta proprio la notte delle nozze per
ritorsione le ucciderà il padre. Straziata dal conflitto tra l'amore per
il giovane e il desiderio di vendetta Wallalka sceglie la fedeltà al
ricordo del padre, e fa gettare il suo sposo nello stagno dei caimani.
Ma non gli sopravviverà: due giorni dopo il suo cuore si spezzerà per il
dolore.
Per Sartor a quel punto la soddisfazione per la risoluzione del
giallo si mescola a un po' di delusione perché il racconto non è
inedito. Ma il confronto fra le due versioni della storia lo porta a
fare la scoperta ulteriore, decisamente più interessante. Nella vecchia
rivista si imbatte infatti nel racconto "Un principe al Polo Nord",
firmato da uno sconosciuto Giulio Retadi, che ricostruisce la spedizione
nell'Artico del Duca degli Abruzzi nel 1899, già narrata (con la stessa
enfasi e gli stessi errori) da Emilio Salgari in "La Stella Polare ed
il suo viaggio avventuroso". Non solo: una delle illustrazioni del
racconto compare anche nello scritto "Fra i ghiacci del Polo Artico", a
firma di Guido Altieri. Le due coincidenze diventano una prova nel
momento in cui Sartor si rende conto che Giulio Retadi e Guido Altieri
non sono altro che un anagramma. In pratica, dunque, lo studioso ha
scoperto un nuovo pseudonimo di Salgari, e questo - come spiega Claudio
Gallo - è foriero di nuovi ritrovamenti e di un ulteriore ampliamento
del già sterminato giacimento letterario salgariano. Una di queste nuove
scoperte compare già in questo libro: è il racconto "Il misterioso
Tibet", pubblicato nel 1904 nel settimanale "Per Terra e per Mare" e qui
riproposto. «Lo stile è indubbiamente salgariano» spiega Sartor «ed è
siglato G. R. cioè Giulio Retadi: nessun altro collaboratore della
rivista aveva queste iniziali". Insomma, l'avventura continua.
Sergio Frigo
Sergio Frigo
La Nuova di Venezia - martedì 1 maggio 2018 (1ª pagina)
La Nuova di Venezia - martedì 1 maggio 2018 (pagina 34)
Emilio Salgari: scoperte, ritrovamenti, indagini, ricerche